sabato 28 ottobre 2017

Esplorazioni glaciali al Ferpecle (CH)

Il Ferpecle per noi saronnesi è un ghiacciaio nuovo, mai visto prima. Ci aggreghiamo volentieri al campo speleoglacio organizzato dagli amici di Varallo a cui si aggregano vecchie e nuove conoscenze provenienti da Toscana, Liguria, Veneto e Calabria.
Luna piena al nostro arrivo - Foto A. Ferrario
Partiamo da Saronno io, Marghe e Cristian con l’aggiunta di Eleonora del GGM. Partiamo e senza fare soste arriviamo dopo quasi 4 ore al punto prestabilito del campo dove arriviamo verso le 23.30 del 6 ottobre. Un silenzio acuto avvolge le tende e le auto coperte dal ghiaccio di una notte di luna piena e cielo terso. Eleonora cerca alla disperata Paolo dentro una delle tende congelate, noi altri intanto montiamo la tenda di Cristian e trasformiamo la macchina in una camera da letto. Nel frattempo dopo aver svegliato gli occupanti di due tende, Eleonora trova Paolo con cui condividere la tenda per la notte!
 La notte è gelida e non si riposa bene, mi dicono poi che la temperatura è scesa fino a -10. Il mattino del 7 ci svegliamo mentre si alzano tutti, ad uno a uno salutiamo tutti i componenti del campo con facce un po' congelate e addormentate ma felici di essere qui in questo momento. Ma dobbiamo sbrigarci, alle 8.30 arriva l’elicottero a prenderci per portarci nella zona centrale del Ferpecle e si sa che gli svizzeri son precisi!
Come non detto, alle 8.15 arriva l’elicottero, pure in anticipo! Per fortuna dovremo fare più viaggi per andare su tutti, ma comunque sia buttiamo gli avanzi della colazione in tenda o in auto e corriamo per prendere l’elicottero. Nella fretta carichiamo l’impossibile, anche quello che non serve, tanto c’è l’elicottero…
Il nostro mezzo di trasporto per l'andata - Foto A. Ferrario

In un batter d’occhio ci troviamo dalla tazza di the in mano ad essere depositati nel silenzio del Ferpecle. Spettacolo. La zona sembra promettere bene. Ci vestiamo e ci dividiamo in 4 squadre. Con Cristian e Marghe ci spostiamo in un plateau più a ovest che mi ispira, difatti ben presto trovo le prime bediere e due ingressi interessanti. Armiamo il primo e nel frattempo una squadra composta da Francesco, Eleonora, Gianni e Lorenzo raggiungono il secondo ingresso.
Il primo mulino avvistato - Foto A. Ferrario
Armo il pozzo inziale, ah finalmente riassaporo l’armo con viti da ghiaccio dopo due anni di digiuno forzato. Scendo il pozzo di circa 8-10 m. Prosegue con un bel meandro, urlo e dall’eco sembra continuare bene. Il pavimento ora è tutto ghiacciato, ma fuori il cielo è sereno e temo che con l’avanzare delle ore aumenti l’acqua di fusione creandoci problemi nella progressione. Quindi preferisco armare stando alto, anche se più scomodo. Proseguo e il meandro continua ma mai bello comodo. A un certo punto il pavimento tende a stringersi e mi ritrovo a dover decidere se sprecare ancora viti per una armo comodo e tentare un armo più speditivo che garantisce qualche vite in più. Alla fine tento la discesa in un passaggio stretto e sotto altri 4 m il meandro prosegue quasi in piano. La corda finisce e proseguo altri 15 m senza corda. Poi un altro piccolo salto, tento di scenderlo con una seconda corda ma più sotto il fondo presenta acqua piuttosto profonda anche se il meandro prosegue. L’esplorazione finisce qui. Tornando i sacchi si incastrano nel meandro stretto, si smadonna un po' ma poi finalmente ci stappiamo fuori, sia noi che i sacchi. Alla base del pozzo facciamo qualche ripresa e scatto.



Preparazione dell'armo di partenza - Foto C. Congiu
Riemersi sul ghiacciaio troviamo Gianni che aspetta senza più un rampone. Ci informa che l’altra grotta scende circa 50 m in verticale. Vogliamo vederla anche noi! Così appena esce la prima squadra, dopo una documentazione fotografica, ci fiondiamo dentro anche noi. Raggiungiamo il limite esplorativo e con qualche vite in più proseguiamo la discesa, dato che i nostri amici si sono arrestati per mancanza di ancoraggi. Scendiamo altri 15-20 m, la grotta continua ma ho finito sia la corda che le viti. Risaliamo godendoci i riflessi di luce che penetrano dall’ingresso. 


Inizio del meandro della prima grotta esplorata - Foto A. Ferrario

Risalita del pozzetto di ingresso - Foto C. Congiu

I tre scombinati - Foto G. Ledda

Ci ricompattiamo con la seconda squadra, fuori il sole sta già scendendo. Le altre due squadre sono già partite per scendere e tornare. Quindi ci sistemiamo e ripartiamo anche noi per il lungo ritorno. Ah già, a differenza dell’andata, ora torniamo a piedi e ci tocca portare in spalla tutto il materiale portato su senza fatica, anche un bel po’ di materiale portato su per nulla! Inizia così un lungo ritorno con Gianni con un rampone quasi fuori uso e Cristian con una caviglia dolorante.

Scendendo troviamo dei francesi che si prestano a fare dei test intorno a dei crepacci. Loro sono accampanti nei pressi della fronte e non hanno fretta di tornare. Noi invece abbiamo circa 3 km in linea d’aria da fare, siamo carichi come muli e, soprattutto, non conosciamo la strada del ritorno! Arriviamo alla fronte che la luce che ormai scarseggia, e iniziamo a seguire una traccia che ci ha indicato Paolo via radio, assicurandoci che seguendo gli ometti di sassi si torna senza problemi. Il tempo passa e si fa buio, la traccia rimane sempre una traccia e gli ometti si vedono a fatica. 

Il Ferpecle - Foto A. Ferrario

Inizio del lungo ritorno - Foto A. Ferrario

La fronte del ghiacciaio - Foto A. Ferrario

A un certo punto spariscono. Decidiamo di affidarci all'istinto, scendendo lungo una placca di roccia sperando di non finire sopra a un ciglio impossibile da scendere. Alla fine in qualche modo troviamo il modo di scendere dalle placche ma non siamo ancora sul fondo valle. Siamo scesi di quota e inizia ad esserci il bosco di larici, buon segno, ma non ci sono tracce di sentieri. Comunque la direzione vagamente la sappiamo; proseguiamo e intercettiamo una nuova traccia, forse di animali. Paolo via radio continua a chiederci se vediamo i fari delle auto, ma nulla, noi non vediamo le auto e lui non vede noi. Il peso degli zaini comincia a farsi sentire sia sulle spalle che sul morale, ma non può essere così lontano ancora. Proseguiamo tra rami di larice sbattuti in faccia e cespugli di ginepro.
Scendiamo di quota e finalmente siamo sul fondo valle, andiamo avanti e poco dopo vediamo la frontale di Max che ci sta venendo incontro, finalmente manca poco. Arrivati al campo siamo abbastanza cotti, dopo 4 ore di discesa e non so quanti kg di materiale a testa. Ci sistemiamo, e poi una lunga e appagante cena intorno al fuoco ci fa concludere una giornata lunghissima ma piena di belle esperienze. E così tra una fetta di lardo e una chiacchiera, una toma e un bicchiere di vino la serata volge al termine degnamente conclusa con un digestivo a base di thè caldo e rhum, sotto un bel cielo…nuvoloso!
Il mattino dopo ci svegliamo con le tende e le auto coperte da qualche cm di neve. Decidiamo quindi di smontare tutto e tornare. E’ già ora di pensare al Ferpecle 2018!
Al campo hanno partecipato: Paolo, Max, Gianni, Laura, Eleonora, Francesco, Marco, Roberto, Cristian, Lorenzo, Marghe, Laurent ed io.

Andrea

Risultati della nevicata domenicale - Foto A. Ferrario

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